Servizio Civile in Guatemala

Intervista ai volontari

Il bando volontari 2023 per inviare le candidature del Servizio Civile Universale sta per scadere: c’è tempo fino al 20 febbraio alle ore 14:00!

Abbiamo intervistato per voi i nostri 4 volontari in Servizio Civile, in Guatemala da luglio scorso, per potervi raccontare di più su questa esperienza unica e irripetibile. I video con le risposte di Gemma e Alberto le trovate cliccando qui mentre di seguito potete leggere quelle di Camilla e Giuseppe. Buona lettura!

Ciao!
Da dove vieni e quando hai capito di voler diventare volontaria/o del Servizio Civile Universale? E perché proprio il Guatemala?

C: Ciao, sono Camilla. Vengo da Grosseto ma ho vissuto in varie città e sono già molti anni che ho deciso di fare il Servizio Civile. Nel 2020 dovevo partire con un altro progetto e un’altra associazione in Argentina ma non è stato possibile a causa del Covid. Questa volta, invece, ho scelto il  Guatemala perché è un paese che mi ha sempre affascinato dai racconti di viaggio di mia mamma e dal fatto che sia culla della civiltà e delle tradizioni ancestrali maya. Ho scelto questo progetto perché avendo studiato costume, tessuti e antropologia ed avendo lavorato per anni in una sartoria teatrale, pensavo di poter trovare un continuum con le mie esperienze nel progetto Emporio de Las Mujeres. In generale, volevo sperimentare me stessa e le mie capacità in un contesto completamente diverso e vivere in un luogo piccolo e marginale per capire l’essenza della vita rurale guatemalteca e ripensare così la mia vita “all’occidentale”, staccandomi da essa e mettendola in discussione, per capire ciò che desidero veramente e iniziare a lavorare per farlo accadere.

G: Ciao, mi chiamo Giuseppe e vengo da Ischia, un’isola dell’arcipelago campano; ho vissuto lì fino ai 18 anni, poi mi sono trasferito a Napoli per l’università. Ci sono varie ragioni che mi hanno spinto a fare il servizio civile, nello specifico la mia perenne voglia di viaggiare unita alla possibilità di poter aiutare qualcuno. Perché proprio il Guatemala? Penso per la sua centralità nel continente americano che mi permette di potermi spostare al nord o al sud del suddetto e perché ero attratto dai progetti scolastici che il progetto riportava.

Camilla SCU
Giuseppe SCU

Raccontaci una tua giornata tipo

C: Non c’è mai stata una giornata tipo perché qua la vita lavorativa non è scandita dall’organizzazione ma dalla sorpresa. La mattina vado sempre a scuola e durante tutti questi mesi di lezione ogni giorno c’è stato qualcosa di diverso da fare: con i bambini, con il preside, con gli altri collaboratori dell’associazione, con il lavoro richiesto dall’Italia, e soprattutto con i tanti contrattempi che si presentano in continuazione! Nel pomeriggio, mi dedico a qualche lavoro per la scuola. L’unica cosa che ho sempre fatto è quella di dedicare tempo, oltre il lavoro, ai bambini; ho passato tutti questi mesi a giocare con loro prima di cena, ad andare nelle loro case, a parlare con i genitori e fratelli/sorelle più grandi, a cercare di osservare e capire le loro vite, a dare dignità a tutto quello che facevano e a come lo facevano. Da questo ho appreso tantissimo ed è per me la vera ricchezza dello stare qui e del Servizio Civile: ho ascoltato e guardato con i loro occhi, ho vissuto la quotidianità seguendo le loro regole, i loro movimenti, i loro comportamenti, capendo che tutto viene fatto con un criterio (anche se non è il mio/nostro) con cui anch’io mi sono poi trovata a mio agio.

G: È difficile raccontare una giornata tipo qui al Cerro La Granadilla perché non esiste: ci sono giorni in cui ci sono cento cose da fare e giorni in cui c’è calma piatta. In questo periodo, tre volte a settimana insegno inglese ad un gruppo di ragazze e ragazzi della scuola; durante il pomeriggio gioco con i bambini dell’aldea (il villaggio) e pianifico i miei viaggi futuri in questo continente meraviglioso!

È stato difficile inserirsi nella comunità?

C: È stato difficile inserirsi nella comunità lavorativa, nel progetto e lavorare con le persone guatemalteche non avendo un ruolo ed un lavoro ben definito, non sapendo la lingua e non conoscendo bene il modo di pensare e, di conseguenza, di lavorare guatemalteco. Il rapporto, però, si è creato ed è iniziato a crescere quando ho fatto un passo indietro, loro non mi vedevano più come una capa/collega italiana ma semplicemente come qualcuno che pur lavorando qui non influenzava la loro routine e la loro vita lavorativa nell’associazione. Allo stesso tempo la comunità del villaggio si è rivelata abbastanza tranquilla nell’accettare la nostra presenza, nonostante spesso ci siano ancora domande per capire chi siamo e quale sia il nostro ruolo qui (dottori, maestre ecc). Pian piano ci hanno aperto le porte e loro stessi si sono aperti, hanno iniziato a parlare e noi a capire meglio lo spagnolo, il tutto è partito sicuramente dal giocare con i bambini/e. È stato un processo lento ma senza ‘intoppi’, è andata crescendo la nostra intimità, il rapporto e la fiducia, la loro vergogna e timidezza è venuta meno fino ad oggi, che mi sento di essere riuscita a creare un buon rapporto con loro, di essere in qualche modo parte della comunità.

G: All’inizio sì, c’era diffidenza da parte delle persone del luogo ed è anche giusto così, eravamo degli estranei ed erano sempre abituati a vedere la presenza degli italiani solo durante le più brevi missioni sanitarie o di volontariato; invece, vivendo stabilmente qui per tanti mesi, il rapporto si è intensificato, ci invitano a mangiare insieme, ci fanno regali e ci insegnano ogni giorno cose nuove della loro cultura.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Cosa ti piacerebbe fare?

C: Da qualche anno ho fatto scelte di vita differenti, compresa questa. Penso da sempre, ma sono riuscita ad attuarlo solo da poco tempo, che la sanità mentale e l’essere soddisfatti e felici (veramente) della propria vita è ben più importante della strada dritta e noiosa che la società e la famiglia cercano di farti prendere. Seguendo questo pensiero, senza dubbio cercherò di continuare ad essere in qualche altro posto nel mondo per conoscere altri contesti e fare quello che mi è sempre piaciuto: studiare. Per fare questo mi sono iscritta di nuovo all’università e proverò a vivere/studiare attraverso l’Erasmus in un altro posto dell’America Latina, ma sicuramente tornerò anche qui in Guatemala in un’altra veste.

G: All’inizio del mio percorso di Servizio Civile ero un insegnante di inglese, tuttavia, durante una delle missioni sanitarie, e grazie soprattutto ai dentisti volontari, ho scoperto una passione per l’assistente alla poltrona odontoiatrica e pensavo di iniziare un corso una volta tornato in Italia.

È ora aperto il nuovo bando per il Servizio Civile. Che consiglio daresti ai futuri volontari che ci leggono?

C: Il consiglio è di prendere questa opportunità come un’occasione d’oro, perché è difficile senza un sostegno economico e senza una struttura organizzativa riuscire a fare un’esperienza del genere, della durata di un anno e che ti dà l’opportunità di entrare davvero in un microcontesto altrimenti irraggiungibile. Sicuramente sarà un’esperienza difficile su tanti aspetti, per questo è molto importante scegliere un luogo, un contesto naturale, un progetto e un’associazione in linea con il proprio pensiero, passioni, gusti ma anche necessità fisiche e mentali. È importante anche avere una buona preparazione psicologica, essere convinti della propria scelta e non prendere sottogamba l’esperienza che sarà a tutto tondo, invaderà ogni spazio mentale e di vita e quindi essere pronti a ricevere il tutto come un uragano.

G: Armatevi di tanta pazienza perché spesso vedrete cose che vi faranno star male ma, allo stesso tempo, apritevi completamente alle popolazioni locali perché sono e saranno loro il vero fulcro e la vera salvezza del vostro servizio civile.

Hai tra i 18 e i 28 anni? Fai una scelta che ti cambierà la vita: candidati per il Servizio Civile Universale e parti per il Guatemala insieme a noi!

Share This