Coronavirus in Guatemala

L'impatto sulla popolazione e sui nostri progetti

Da inizio marzo 2020, noi tutti abbiamo condiviso uno slogan,  #iorestoacasa, che subito è diventato molto più di un hashtag.

Fin da subito, però, noi e tante altre associazioni italiane, lo abbiamo accompagnato con un altro “slogan”, altrettanto fondamentale:  #iorestosolidale.

Perché non potevamo lasciare sole le persone che assistiamo, proprio nel momento del bisogno!

La situazione del Covid-19, in tutta l’America Latina è sempre più critica, con il Guatemala che ricopre una delle prime posizioni di questa triste classifica: i contagi nel Paese hanno infatti superato i 48mila e i decessi hanno raggiunto quota 1.866.

La diffusione non accenna a diminuire e le motivazioni sono da ricercare soprattutto nelle scarse risorse di cui godono sia gli ospedali che le comunità: il servizio sanitario sta collassando e non è in grado di fornire assistenza, gli ospedali pubblici sono ormai centri di contagio più che di trattamento e le persone preferiscono non farsi visitare né ricoverare.

Ad aggravare ancora di più la situazione, si aggiungono le pesantissime conseguenze che il lockdown e il coprifuoco hanno su milioni di lavoratori informali, oltre l’80% della popolazione attiva in Guatemala. Per queste persone e per chi non ha accesso a dispositivi elettronici per acquisti su internet o smart working, esporsi al rischio di contagio sembra preferibile piuttosto che restare in casa a soffrire la fame.

Soprattutto, poi, sono i territori indigeni – come quello in cui si trova il villaggio La Granadilla – ha suscitare grande preoccupazione: sono territori con una cronica carenza di infrastrutture sanitarie, alti livelli di povertà e denutrizione e un limitato accesso all’acqua potabile. Attività già quotidianamente difficoltose, come reperire cibo a sufficienza per la famiglia e garantirsi un’igiene di base, sono diventate quasi impossibili da portare a termine.

Per questo motivo, noi di Sulla Strada insieme ad altre associazioni che lavorano in Guatemala abbiamo lanciato un grido di allarme alla popolazione e al governo del Paese per costruire, a partire dalla crisi provocata dalla pandemia, «una comunità giusta, egualitaria, fraterna e rispettosa della terra, nostra madre». Per leggere l’appello, clicca qui.

In questo contesto, la nostra preoccupazione maggiore è per i bambini della Scuola Abuelita Amelia Pavoni, per le loro famiglie e per tutto il villaggio La Granadilla!

La nostra bella scuola, infatti, è chiusa da fine marzo. Per i nostri bambini, in un solo giorno si sono interrotti, insieme alle lezioni, anche i due appuntamenti più apprezzati, quello con la colazione, appena arrivati, e con il pranzo a fine mattinata. Tornati a passare l’intera giornata nelle loro povere case, anche l’alimentazione, tutto d’un tratto, è tornata misera.

In un solo giorno, i nostri studenti hanno visto scomparire ciò che avevano di più caro: la scoperta e la conoscenza, il gioco con i compagni, il conforto di una buona alimentazione e la consapevolezza di costruirsi una vita migliore. La Scuola Abuelita Amelia Pavoni è un luogo dove si verifica ogni giorno tutto questo, un’isola di pace e visione, un sogno che si è bruscamente interrotto.

Da subito abbiamo organizzato la distribuzione di pacchi alimentari alle famiglie di tutti i nostri bambini, coinvolgendo i maestri della scuola e i nostri collaboratori locali: ogni giorno, con un sistema di turnazione realizzato in base all’ubicazione delle case, i rappresentanti di Sulla Strada – tra cui anche l’infermiera Luisa (nostra ex alunna) – hanno effettuato visite a domicilio per valutare le condizioni di salute e di “benessere” dei bambini, per fornire informazioni di base su come proteggersi dal contagio, per consegnare pacchi alimentari e acqua potabile. Dove le condizioni erano favorevoli, inoltre, sono stati consegnati semi affinché la famiglia potesse coltivare vegetali e mais per il consumo quotidiano. Un ritorno alla Terra che è visione di nuova Vita.

Nei mesi di maggio e giugno, al picco dei contagi in Guatemala, le norme anti Covid non ci permettevano di raggiungere le famiglie più lontane: questa situazione di impotenza ci rendeva muti dal dolore! La settimana scorsa, per fortuna, la situazione si è un po’ sbloccata, il controllo si è allentato, e (come si vede in questa foto) abbiamo potuto finalmente raggiungere anche le case più lontane e distribuire pacchi alimentari e cibo già pronto in modo capillare, casa per casa.

Distribuzione cibo_Guate

A tutte queste preoccupazioni – la povertà estrema, il rischio di contagio, la forte denutrizione che minaccia i bambini oltre alla completa mancanza di istruzione in un momento della vita in cui è fondamentale esporre i bambini ai giusti stimoli – nel villaggio La Granadilla serpeggia un pericolo aggiuntivo. Le persone non ne parlano ma tutti vivono con la paura di ricevere una brutta notizia, di sentire un boato improvviso, di cadere vittime di una piaga ancora peggiore della fame: le esplosioni della polvere da sparo, incidenti che si verificano purtroppo mentre si costruiscono fuochi d’artificio!

Dall’inizio dell’emergenza, infatti, sono già due le esplosioni che si sono verificate nella villaggio, uccidendo almeno 3 persone (1 nel primo incidente e 2 nel secondo), ferendone altre 8, tra cui diversi bambini e ragazzi, e provocando danni considerevoli per le tasche, già tristemente vuote, delle famiglie interessate.

Un fenomeno odioso, un’occupazione alienante svolta in condizioni di semi-schiavitù, un lavoro che non renderà mai liberi.

La scuola è l’unico barlume di speranza per un futuro diverso nella comunità de La Granadilla: speriamo davvero di poter ricominciare il prima possibile!

Articolo luglio 2020
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