Per non morire di fame e di covid-19
Dal Guatemala, un appello al cambiamentoSul sito Adista News è stato pubblicato un appello, firmato da Sulla Strada e altre 24 associazioni guatemalteche e internazionali, affinché l’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus non diventi anche un’emergenza umanitaria: agiamo adesso per evitare che siano sempre i più vulnerabili a pagare il prezzo più alto!
Introduzione di Claudia Fanti
Sempre più critica la situazione del Covid-19 in America Latina, dove i contagi hanno superato i 2 milioni e 200mila casi e i morti hanno raggiunto quota 103mila. Ma all’emergenza sanitaria, accentuata – quasi ovunque, con l’ovvia eccezione di Cuba – dalla precarietà e dall’inadeguatezza dell’infrastruttura sanitaria, peraltro già messa a dura prova dalla peggiore epidemia di dengue della storia (3 milioni i casi lo scorso anno, con più di 1.500 morti), si aggiungono anche le pesantissime conseguenze del lockdown su milioni di lavoratori informali: oltre il 50% della popolazione attiva, che sale a circa l’80% in Paesi come Honduras, Guatemala, Nicaragua e Bolivia. Tanto più in quanto, in assenza di misure di sostegno adeguate alla gravità della crisi, per circa 200 milioni di abitanti che vivono al di sotto della soglia della povertà e che di certo non hanno accesso allo smart working né possono fare acquisti su Internet, è preferibile esporsi al rischio di contagio piuttosto che restare in casa a soffrire la fame.
E grandissima preoccupazione suscitano anche i territori indigeni, con la loro cronica carenza di infrastrutture sanitarie, l’alto livello di denutrizione e un limitato accesso all’acqua potabile. Se per tante famiglie indigene rurali del Guatemala, del Perù, del Messico e di altri Paesi è già un problema garantirsi un’alimentazione decente, diventa addirittura improponibile rifornirsi di mascherine e di disinfettanti, come persino, in molti casi, lavarsi frequentemente le mani con acqua e sapone.
Un grido di allarme, tra tanti altri ugualmente drammatici, viene dal Guatemala, dove un folto gruppo di associazioni – tra cui il Mojoca, associazione che si occupa del recupero dei ragazzi e delle ragazze di strada per la quale è impegnato Gerardo Lutte, e l’Associazione Sulla Strada, impegnata in Guatemala in progetti integrati di scuola, salute, arte e lavoro, di cultura e spiritualità maya e cristiana – ha lanciato un appello agli abitanti e ai popoli del Paese per costruire, a partire dalla crisi provocata dalla pandemia, «una comunità giusta, egualitaria, fraterna e rispettosa della terra, nostra madre». Di seguito l’appello.
APPELLO AGLI ABITANTI E AI POPOLI DEL GUATEMALA PER AFFRONTARE LA PANDEMIA DEL CORONAVIRUS TRASFORMANDO IL NOSTRO PAESE IN UNA COMUNITÀ GIUSTA, EGUALITARIA, FRATERNA E RISPETTOSA DELLA TERRA, NOSTRA MADRE.
Il Presidente della Repubblica del Guatemala, a differenza dei governanti di altri Paesi, ha rapidamente adottato misure per la riduzione della diffusione del coronavirus. Però la disuguaglianza sociale, la povertà e l’estrema povertà in cui vive la maggior parte degli abitanti di questo Paese non permettono che i provvedimenti siano rispettati. Per osservare il coprifuoco e preservare la salute, si deve avere un’abitazione con acqua, luce, spazio sufficiente per una famiglia di 7-8 persone e si devono possedere le risorse necessarie per un’alimentazione adeguata. Ma tutto ciò è impossibile per la maggior parte della popolazione.
Nelle aree rurali, in particolare presso le comunità maya, le condizioni di vita sono molto dure, i centri per la salute scarsi, il salario insufficiente per una vita dignitosa e ancor più elevata è la denutrizione che indebolisce le difese immunitarie e colpisce più del 50% delle bambine e dei bambini.
Altre persone a rischio sono quelle che non hanno un’abitazione e si vedono obbligate a vivere in strada, senza alcun sostegno e servizio. Si stima che sono più di 40.000, di cui la metà nella capitale. I rifugiati espulsi dagli Stati Uniti senza le più elementari misure di protezione, gran parte dei quali contagiati dal coronavirus, trovano molte difficoltà a reinserirsi nel proprio Paese.
Gli abitanti delle baraccopoli e di molte aree popolari vivono spesso in stanze piccole e insalubri e, come il 70% dei lavoratori, devono vivere alla giornata, mangiando solamente quando riescono a guadagnare qualcosa vendendo e offrendo servizi.
Per tutte queste persone il coprifuoco risulta solamente un danno.
La condizione di molte donne, che spesso sono sole nell’occuparsi della propria famiglia, diventa ancor più difficile, mentre l’isolamento sociale può favorire la violenza domestica, gli abusi sessuali e addirittura i femminicidi. Le bambine e i bambini che hanno bisogno di giocare e crescere assieme alle loro compagne e ai loro compagni soffrono dell’isolamento e i più poveri, che non dispongono di computer, smartphone o televisione, non possono continuare a studiare. Spesso neanche i genitori hanno avuto la possibilità di studiare e quindi non li possono aiutare.

I giovani dei quartieri popolari, che anche prima non avevano la possibilità di studiare o lavorare, non vedono un futuro, un’opportunità di formare una famiglia e avere una casa.
Anche le anziane, gli anziani e le persone disabili e abbandonate soffrono enormi svantaggi come la mancanza di una pensione o redditi insufficienti che non consentono loro di comprare medicine e spesso si vedono obbligati a lavorare in modo umiliante fino alla fine dei loro giorni o a chiedere l’elemosina ai semafori per poter sopravvivere. Durante questa pandemia la loro condizione è diventata intollerabile.
Anche le persone private della libertà presso i centri di reclusione sovraffollati e senza possibilità di distanziamento sociale, privi di servizi medici adeguati, corrono il rischio di essere contagiate.
Un’altra categoria di persone priva dei mezzi per sopravvivere è rappresentata da coloro che in tempi normali sono discriminate, umiliate, assassinate a causa del loro orientamento sessuale o di genere e si guadagnano la vita offrendo servizi sessuali.
Una lotta efficace contro la pandemia deve iniziare da misure a favore di tutte queste categorie.
Ma come iniziare a rispettare i diritti di tutte queste persone senza cambiare radicalmente la società? Si devono rispettare non a parole, ma con i fatti, i diritti di tutte le comunità, di tutte le bambine e i bambini, giovani, adulti e anziani del nostro Paese. Il diritto alla vita, alla partecipazione politica, a un’alimentazione sana ed equilibrata, alla salute, all’istruzione, a un lavoro dignitoso, all’uguaglianza con tutte le altre persone, alla giustizia. Ciò esige un cambiamento radicale della società tale da consentire a ciascuna comunità e a ogni persona di essere felice in quanto uguale e amica di tutti gli altri. Senza amicizia e senza amore non c’è felicità.



Al presidente della Repubblica Alejandro Giammattei, che vuole difendere la vita di tutti i guatemaltechi, chiediamo di portare avanti la lotta contro il coronavirus in modo deciso e saggio, pensando alla protezione dei più vulnerabili. Contiamo su di lui perché guidi l’esecutivo, i ministeri e le altre istituzioni statali in maniera che lavorino a favore di tutto il popolo e non di minoranze di privilegiati, e che combattano senza pietà la corruzione e le razzie dei beni pubblici. Inoltre chiediamo il rispetto della democrazia, della libertà di associarsi in partiti e altre organizzazioni, della libertà di stampa e di espressione di opinioni contrarie.
Chiediamo ai sindaci e ai consigli comunali, che conoscono bene le necessità delle loro comunità, di adottare e unificare le misure necessarie in un progetto di uguaglianza e di attenzione nei confronti dei più vulnerabili.
A tutte le persone che lavorano presso le istituzioni del sistema di giustizia – Pubblico Ministero, Corte Suprema di Giustizia, Tribunale Supremo Elettorale, Corte Costituzionale – chiediamo la totale indipendenza dal potere esecutivo, dalla classe imprenditoriale e dalle associazioni occulte, e li invitiamo a portare avanti la lotta contro i corrotti, i femminicidi, la tratta di esseri umani, gli abusi contro le bambine e i bambini, lo sfruttamento del lavoro infantile, i crimini contro l’umanità. Chiediamo loro di ascoltare i più umili e di porre fine a un sistema giudiziario che favorisce i privilegiati. Alla Procura dei Diritti Umani chiediamo di continuare il suo esemplare lavoro e, in questo periodo di coronavirus, di prestare attenzione speciale alle persone delle categorie più vulnerabili.
A tutti coloro che detengono risorse e ricchezze, ai membri del CACIF (una sorta di Confindustria guatemalteca, ndr), alle imprenditrici e agli imprenditori, agli industriali dello zucchero e del caffè, a coloro che si sono arricchiti con il traffico di droga, armi ed estorsioni, chiediamo di porre le loro ricchezze a disposizione dei popoli, i legittimi proprietari. Ai rappresentanti di tutte le religioni, Chiese, associazioni laiche chiediamo di porre a disposizione dei più bisognosi le loro risorse, i loro edifici e la loro influenza morale. Abbiamo bisogno di una forte spiritualità di comunione, amore, solidarietà e liberazione.
A tutte le cittadine e i cittadini chiediamo di collaborare in modo responsabile nella lotta contro il coronavirus e per la trasformazione solidale della società. Chiediamo a tutte le comunità di opporsi a qualsiasi forma di rifiuto, emarginazione, discriminazione nei riguardi degli esclusi e delle persone vulnerabili, in particolare dei concittadini deportati e di coloro che vivono in strada.
Noi, rappresentanti delle associazioni della società civile che firmiamo questo appello, stiamo già partecipando a questa lotta contro il coronavirus. Desideriamo ringraziare tutte le persone che rischiano la loro vita per salvarci: il personale medico, infermieristico e sanitario; i dipendenti delle istituzioni statali, gli agenti della Polizia Nazionale Civile e Comunale, i netturbini, coloro che continuano a produrre e a trasportare gli alimenti e il combustibile e tutti quelli che contribuiscono a mantenere in funzione l’economia e la società. Ammiriamo e ringraziamo tante associazioni già esistenti o nate ora per rispondere alle necessità di questo momento, preparando e distribuendo gratuitamente decine di migliaia di pasti, cesti di viveri e prodotti per proteggersi dal contagio, visitando le persone anziane, ammalate e i disabili.
Tutte queste persone rappresentano già la Nuova Guatemala.
Questa Guatemala Nuova dovrebbe organizzarsi per far fronte alla fase ancor più difficile che inizierà dopo la pandemia: la carestia e la difficile ricostruzione dell’economia che dovrà essere sociale, solidale e rispettosa dell’ambiente e della Terra. Una Guatemala Nuova potrà dare un contributo importante alla ricostruzione della società e dell’economia mondiale. Dobbiamo sentirci cittadine e cittadini del mondo, donne e uomini planetari, che si rendono responsabili di tutta l’umanità e di tutta la Terra e il Cosmo. Il grande rischio di questi tempi è che si rafforzi ancora di più il potere di piccole minoranze che dominano il mondo a proprio vantaggio e mettono in pericolo l’esistenza stessa dell’umanità e della Terra. L’attacco del Coronavirus è l’avvertimento che tutto deve radicalmente e rapidamente cambiare. In caso contrario, dovremo prepararci al peggio, a lotte fratricide, a rivolte popolari duramente represse, all’inferno dell’odio e alla fine della nostra civiltà.