diario dalle corsie

Oggi è la Giornata Mondiale delle Ostetriche e, per festeggiarle, vi proponiamo una testimonianza appassionata di una nostra volontaria: in questo periodo di emergenza sanitaria, in cui ogni rapporto umano è filtrato dalla mascherina, le ostetriche sono costrette a modificare il modo in cui stabilire un contatto con le future madri, con i bambini appena nati.
Ecco le parole di Pinuccia.

“Il virus con la corona cambia i nostri incontri, anche in attesa della nascita.”

Un tempo erano le stalle e i cortili delle cascine dove le donne si ritrovavano, la sera, per condividere esperienze e sentimenti. Le donne grandi parlavano di gravidanza, di nascita e di bambini, le donne piccole ascoltavano, fra un gioco e l’altro. E imparavano il “sapere femminile”.

Poi sono venuti i corsi di accompagnamento alla nascita: le madri e i padri si incontravano in ospedale, con un’ostetrica, per tessere, insieme, la tela dell’attesa, nella condivisione di sguardi, emozioni, timori, ma anche di contatto.

Fino a “ieri”, quando il virus con la corona è piombato nel nostro mondo, con l’effetto devastante di 1000 bombe atomiche sradicando, in un attimo, tutte le nostre certezze e stravolgendo la nostra quotidianità, le nostre vite, privandoci del piacere del contatto e dell’essere vicini. Il contatto delle persone care, nutrito di sguardi, carezze, respiri che si fanno sussurri, alimento prezioso per il cuore e per il corpo, anche nel “tempo dell’attesa”, quando le madri accarezzano il bambino che cresce dentro di loro, custodito al riparo da ogni tempesta.

Ed è così che, in questi lunghi giorni di incertezza e di isolamento, il cammino verso la nascita, quella dei bimbi e quella dei genitori, incontra la paura del sentirsi sballottati dalla furia dell’uragano, e la ricerca di un luogo in cui trovare rifugio.

Questo virus spinge anche le mamme e le ostetriche a reinventare nuovi luoghi d’incontro e di condivisione, e nuovi modi per vivere la vicinanza e il contatto.

I corsi di accompagnamento alla nascita che, fino a pochi mesi fa tenevo fra le pareti della mia “seconda casa”, oggi si svolgono attraverso videoconferenze: ci guardiamo e ci sorridiamo attraverso il monitor del pc, qualcuna seduta sul divano, qualcun’altra sdraiata sul letto, io seduta al tavolo da lavoro. E in un attimo ho scoperto che c’è un lato positivo anche in questo modo insolito d’incontrare e di accompagnare i gruppi di mamme, fino al parto e oltre: è un po’ come andare a domicilio, essere accolte una a casa dell’altra, pur non essendoci mai viste di persona. E la partecipazione dei papà è molto più naturale, semplice e spontanea, soprattutto ora che la permanenza a casa riguarda anche loro.
Ci incontriamo “virtualmente”, eppure vicine, restando ciascuna nell’oasi riparata e protetta della propria casa, per parlare e confrontarci su tutto ciò che ha a che fare con la maternità e col diventare madre e padre. Cerco di rafforzare la mia capacità di sostenere le madri, trovando le parole e i gesti con cui riuscire a esorcizzare la paura di questi giorni. Cerco di accompagnare queste madri con tutta la passione del mio essere ostetrica, ancor più ora che le regole dell’emergenza coinvolgono, necessariamente, anche la scena della nascita. Insieme stiamo anche scoprendo che incontrarsi in uno spazio “virtuale”, senza essersi mai viste, non diminuisce minimamente l’intensità della condivisione, ma forse, se possibile, la rafforza.

Rassicurare, incoraggiare e accompagnare, queste le parole chiave per un’ostetrica in questi giorni di emergenza e di cambiamenti epocali, anche sulla “scena del parto”. Ma c’è un aspetto che mi fa particolarmente riflettere: da un paio di mesi, durante il travaglio e il parto, tutti i presenti e per tutto il tempo, indossano la fatidica mascherina: mamma, papà, ostetrica. E così, subito dopo la nascita, quando il bimbo incontra per la prima volta gli sguardi e i volti dei suoi genitori, li vede con una prospettiva distorta, perché quella barriera azzurrina si frappone fra loro, in quei primi attimi di conoscenza, così speciali e fondamentali perché il neonato, guardando il viso della madre, lo fissa nella sua mente in modo indelebile, e comincia il silenzioso dialogo di attaccamento affettivo fra il bambino e la sua mamma.

In qualche modo, il virus invade e condiziona anche un momento così prezioso e unico: il primo incontro fra un bimbo appena nato e i suoi genitori.

Invade e sconvolge l’ingresso e l’uscita dell’Uomo dal mondo: l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine della Vita.

Ma le donne, che custodiscono dentro di loro la Vita, e le ostetriche continueranno a incontrarsi e a camminare, insieme, per proteggere la nascita, superando le barriere e sconfiggendo la paura.

Pinuccia P.
Ostetrica, volontaria Sulla Strada dal 2019

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