Buona Pasqua di rinascita

La Pasqua è sempre preceduta dal venerdì santo, che è il giorno della morte. E quella fu una morte nella solitudine e nella sensazione dell’abbandono.

Subito il pensiero va ai tantissimi malati di coronavirus che in questi giorni stanno morendo negli ospedali, in modo dolorosissimo, proprio come in croce, e soli, con la sensazione di essere abbandonati, senza una mano da stringere, senza avere accanto neanche la moglie o il marito, o un figlio o un fratello. Muoiono soli, con il sapore amarissimo dell’abbandono.

Il pensiero corre soprattutto agli oltre cento medici e ai trenta e più infermieri e ausiliari, tutti morti mentre lavoravano, si sacrificavano, davano tutto e il meglio di sé per salvare gli altri.

Oppure il pensiero si accuccia silenzioso e attento accanto alla ragazza ventenne che, in una trasmissione televisiva, racconta in modo straziante come suo padre sia morto di coronavirus: soffocava e soffocava sempre di più, davanti a lei e a sua mamma, e loro non potevano far nulla. Hanno chiamato gli ospedali e il 118, ma i primi non hanno neanche potuto rispondere e l’altro era già occupato a correre su e giù e non è potuto arrivare in tempo. Allora, mentre lui agonizzava e rantolava, lo ha abbracciato forte e piangendo gli ha sussurrato all’orecchio: “Ti amo, papà, tu sei il papà migliore del mondo! Grazie per tutto quello che mi hai donato!”. E lui annuiva con la testa, mentre affannava sempre di più per poter respirare e non riusciva, e soffocava. Fino a morire.

È drammatico, ha aggiunto piangendo la ragazza, vedere un essere umano, un essere amato, che sta morendo di asfissia e non poter far nulla.

Mi fermo a riflettere sulla vita dello stesso Gesù, spesa dentro la solidarietà più estrema e finita nella solitudine, quasi a contraddire la vita tutta.

Penso ai nostri bambini in Guatemala, e alle popolazioni più povere di cui sono figli: anche da loro è arrivato il Coronavirus e già ha generato e contagiato il terrore e i supermercati sono stati svuotati e i prezzi dei generi alimentari hanno avuto un’impennata assurda. Per i più poveri, l’arrivo del Coronavirus è l’arrivo di una carestia, pestilenza maggiore della malattia.

La chiusura improvvisa della scuola ha significato per tutti i nostri bambini, non solo perdere in un istante maestri e aule, ma anche i due pasti integrali che ricevevano ogni giorno e, in più, sbalzati dai loro banchi di scuola ora sono seduti di fronte a tavolati su cui confezionano fuochi artificiali.

Ed è proprio di ieri la notizia che il nostro piccolo Sergio Armando, alunno di sesta elementare, è sfuggito alla morte per un pelo, per lo scoppio improvviso della polvere da sparo nascosta dentro a migliaia e migliaia di petardi che lui ed altri stavano costruendo. Ora stiamo cercando vere alternative, ma le norme imposte dal governo non ci danno molto spazio. Però, sì possiamo portare alimenti nelle loro case.

Penso ai nostri “utenti” del Centro Prima gli Ultimi, a Orte, che arrivano da noi disorientati, confusi, privi come sono di mezzi per affrontare serenamente questa nuova, durissima prova.

Penso allora che la solidarietà non può essere crocefissa per sempre. È un pericolo evidente: con facilità, imputandolo al Coronavirus, ci si secca il cuore e non vogliamo sentir parlare d’altro che del nostro solo futuro, perché a quello degli altri noi non possiamo pensare.

Io sono invece convinto che proprio in questi frangenti di durissima prova può diventare immensa la nostra solidarietà, che farà bene agli altri, ma farà tanto bene anche a noi!

Allora finirà il venerdì santo e sarà Pasqua, sarà già domenica.

Il nostro augurio di Buona Pasqua è che riprenda a scorrere il fiume della solidarietà – fiume sempre gonfio di acque – nel cuore di tutti!

Buona Pasqua!

Carlo Sansonetti
Presidente Associazione Sulla Strada

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