diario dalle corsie
L’amore ai tempi del Coronavirus: quello per le persone care, per le persone più fragili. Ma anche l’Amore per i piccoli: quelli che stanno per affacciarsi alla Vita e quelli che si stanno avventurando nel mondo. L’Amore per colui o colei che è l’amore della nostra vita… Amore, Rispetto, Condivisione e Protezione, queste le parole chiave per me, con cui ho sempre cercato di permeare i miei passi e i miei gesti.
E più ancora in questo tempo di immensa fatica e paura, l’Amore ha bisogno di essere alimentato e donato, per Proteggere e Sostenere la “prigionia” dell’Uomo, reso ancora più fragile e spaventato dalla solitudine.
Ma anche “chi cura” ha bisogno di essere curato nel cuore e nell’anima, aiutato a comprendere l’incomprensibile e inaccettabile mistero di questo male, ancora più crudele perché allontana le carezze, gli abbracci, le mani dalle mani e lascia il dolore profondo e devastante di non poter accompagnare con un ultimo saluto i propri cari, quando i loro occhi si chiudono per l’ultima volta.
La cura per me, anche questa volta, anche in questo dramma che sembra interminabile, è la scrittura… Il Diario che accompagna tutte le esperienze che fanno crescere l’umanità e il cuore, lasciando un segno indelebile nella mia vita, momenti da ricordare e da ripercorrere per ritrovare colori, profumi, suoni, emozioni…
Questo è il mio Diario, nei giorni del coronavirus.
1/3/2020
Oggi sono stata a fare un turno al “call center” del numero verde regionale “Coronavirus” e ci tornerò anche sabato prossimo. Io con 3 colleghe e due medici specializzandi di igiene eravamo la seconda linea che interveniva nei casi più complessi che richiedevano competenze sanitarie specifiche e che i 70 operatori (tutti volontari della Croce Rossa e della Protezione civile) non erano in grado di risolvere. Una quantità di telefonate, anche di gravide/puerpere, ma ho risposto anche a due medici di base della Zona Rossa (lodigiano) che chiedevano come fare a poter avere i DPI necessari per visitare i pazienti in sicurezza. A fine turno avevamo messo in isolamento domiciliare praticamente 1/3 della Lombardia! La situazione qui è davvero molto seria ed il problema grave sono i posti nelle terapie intensive che sono già quasi saturati ed il bisogno di personale sanitario! Il mio Ordine ha avuto il mandato dalla Regione di chiedere la disponibilità alle colleghe che ancora non lavorano ma anche le pensionate a rientrare soprattutto per l’Ospedale di Bergamo e per alcuni ospedali di Milano. La stessa richiesta è stata fatta dagli Ordini dei Medici lombardi.

La situazione è surreale: da un lato gli ospedali che sono al collasso, la zona rossa, i positivi, i malati, gli isolati, medici, ostetriche ed infermieri al limite delle forze. Dall’altro, quando cammini per le strade in una giornata come oggi, in cui sembra di essere già in primavera, i bambini con le mamme che giocano ai giardinetti e la quotidianità che sembra quella di sempre, a parte un po’ meno traffico alla mattina e le scuole chiuse. Quando esci dall’ospedale e rindossi gli abiti borghesi, tutto sembra così lontano: il virus e questa tremenda battaglia!
7/3/2020
Le settimane, i mesi che ci aspettano in tutt’Italia, saranno durissime. In nessuno dei Paesi dove sono stata in missione mi è capitato di affrontare nulla del genere! Può assomigliare solo ad Ebola!
8/3/2020
Hanno chiuso tutta la Lombardia. Siamo in guerra, ma il nemico è invisibile, subdolo e poche, pochissime, al momento, le armi per combatterlo! Resta il coraggio, ma la voglia di ridere è scomparsa. La situazione della Lombardia è tragica. Ieri la SIARTI (Società Italiana di Rianimazione e Terapia Intensiva) ha ipotizzato di adottare le regole della Medicina di guerra: assistenza ventilatoria polmonare e ricoveri in terapia intensiva solo per chi ha una concreta speranza di sopravvivere. L’etica, la deontologia, ma soprattutto il cuore, si ribellano di fronte a questa ipotesi disumana, che esprime la brutale drammaticità di quanto stiamo vivendo.
14/3/2020
Da oggi le Ostetriche sostituiscono i medici al triage telefonico della centrale operativa regionale del 112 (SOREU). Oggi sono stata di turno anche io. Qui, in Lombardia, è il delirio! Ormai non ci sono più posti negli ospedali, nei reparti come nelle Terapie intensive. Avrei voluto piangere per tutte le telefonate di anziani ultrasettantenni, con la febbre alta da giorni, che non diminuisce neppure con dosi massicce di paracetamolo e, in molti casi, anche francamente dispnoici a cui ho inviato l’ambulanza, ben sapendo che gli avrebbero solo controllato PA (Pressione arteriosa) e SpO2 (Saturazione di ossigeno), concludendo che non si può fare altro se non proseguire la terapia (paracetamolo, mucolitico (se tosse) e broncodilatatori) e di far riferimento al Medico di famiglia. Ma i medici di famiglia spesso faticano a rispondere perché non riescono più a tenere il passo o, peggio, perché sono a loro volta in quarantena o, addirittura ricoverati! In due casi di pazienti ultraottantenni, lasciati all’assistenza domiciliare, pur con diagnosi radiografica di polmonite interstiziale da COVID, e che, durante il colloquio telefonico, manifestavano chiari segni di affanno e di difficoltà respiratorie, non me la sono sentita di attenermi alle indicazioni del protocollo, così ho disposto l’invio di un mezzo di soccorso del 118, nonostante fosse la seconda volta in pochi giorni, per quei due malati.
Tutti, tutti messi male ed il 90% delle chiamate a cui ho risposto erano di persone ultrasettantenni che chiamavano per sé o per il proprio coniuge, il compagno di una vita… ma anche un ragazzo che chiamava per la nonna ultranovantenne, in isolamento domiciliare, perché malata, visitata quotidianamente dal nipote per non farla sentire troppo sola e controllare che mangiasse e prendesse le terapie. L’amore che traspariva dalle parole e dal tono di voce preoccupato di questo ragazzo, sono di quelli che lasciano il segno. Le telefonate, almeno le mie, durano tanto, per lo meno 25-30 minuti, perché cerco sempre, nel limite del possibile, di ascoltare e raccogliere le ansie, le paure e le preoccupazioni per cercare di rassicurare, per quanto possibile, ritrovandomi catapultata nella vita e nella malattia di tante persone, di cui non conosco il volto, ma che si aggrappano alle mie parole ed alla mia voce, come naufraghi in cerca di un appiglio, qualsiasi, per non affogare.


Mi fanno tutti una profonda tenerezza, così spaventati e indifesi e mi ritrovo a tentare di asciugare, con le mie parole, le lacrime di tanti anziani che, spesso, non possono contare neppure sull’aiuto dei figli, perché anche loro isolati in quarantena. Ed ogni volta, terminando il turno, mi chiedo quanti di loro riusciranno a superare lo tzunami di questa terribile malattia…
19/3/2020
Immagini agghiaccianti e strazianti della lunga carovana di camion militari che stanotte, in un silenzio spettrale, sono partiti da Bergamo e hanno portato 70 salme in altre regioni per la cremazione perché in città non c’è più posto, neppure per accogliere i defunti. Troppi figli e troppi padri non hanno avuto il dono di un ultimo abbraccio ed il conforto di un’ultima carezza, nel giorno in cui festeggiamo i nostri papà… non ci sono più posti sul Golgota della cremazione… ma i posti nel Paradiso della Resurrezione e della Misericordia Divina, quelli sono inesauribili.
21/3/2020
Sono qui al triage telefonico del 112. La situazione è sempre più pesante, un’angoscia assoluta e devastante. Le ultime disposizioni di oggi, sono che dai 70 anni in su non si intuba più nessuno, perché i posti in rianimazione sono “riservati” ai più giovani. Ma la cosa ancora più drammatica è l’indicazione che, da oggi, i malati ultraottantenni, indipendentemente dalla gravità dei sintomi, non verranno più neppure ricoverati, ma resteranno a casa, affidati al “buon cuore” del medico di famiglia, quando è presente, e ai familiari. Lasciati a morire a casa… e se desatura, “pace”… moriranno soffocati… le farmacie hanno finito l’ossigeno e anche sulle ambulanze mancano le bombole. E per la morfina occorre una prescrizione speciale… Come riuscire a non farmi stringere il cuore da una morsa di dolore e come non pensare anche a mio padre, oltre che a tanti altri padri?
27/3/2020
In questo periodo ripenso spesso alle pagine dei Promessi Sposi che Alessandro Manzoni ha dedicato all’epidemia di peste che colpì Milano ed il nord Italia, nel 1630: “e quando sento il suono delle sirene che rompe il silenzio della città, penso ai monatti che vanno a raccogliere chi muore in casa perché non c’è più posto negli ospedali… “
Ma in tutto questo dolore, in tutta questa tragedia, la vita continua a fiorire, la vita di tanti bimbi e bimbe che abitano il piccolo universo accogliente delle proprie madri, preparandosi a fare il loro ingresso nel mondo. Il virus crudele non risparmia neppure le madri che custodiscono la Vita, ma la maternità le rende più forti nel vincere… il Mistero e la Forza della nascita, sempre presenti ai miei occhi e fra le mie mani, accendono la speranza, sconfiggono la paura ed alimentano l’Amore.
Monza, 6 aprile 2020